1343 Alberto Azario Articoli
2 novembre, 2018

Cittadini attivi per un’Italia libera da rifiuti ed inquinamento

Siti di informazione e testate giornalistiche nazionali ci rivelano sempre più spesso quali sono i gravi problemi che il nostro Paese deve affrontare ogni giorno riguardo al tema dei rifiuti, dalle nostre città d’arte piene di immondizia alle discariche spesso non legali che vengono alla luce grazie ai controlli delle nostre forze dell’ordine. Di fronte a tante notizie negative vorrei, però, soffermarmi proprio su quegli eventi che ci dicono e confermano a gran voce che la voglia di cambiare è tanta e che i cittadini un’  Italia più pulita e libera da plastica ed altri inquinanti la vogliono veramente. Più di 3.200 persone hanno aderito, ad esempio, durante l’estate alla campagna “Plastic Radar”, iniziativa di Greenpeace che ha coinvolto in prima persona tutti gli amanti del mare su Whatsapp, per segnalare l’inquinamento da plastica su spiagge, fondali e mari italiani. Le tante segnalazioni hanno così portato a trovare sulle nostre coste un totale di 6.800 rifiuti in plastica, il 90% dei quali usa e getta e riconducibili in gran parte alle grandi multinazionali. Le segnalazioni fotografiche pervenute, infatti, sono state analizzate per far luce non solo sulla tipologia di rifiuto in plastica, ma anche per individuare i marchi e le aziende produttrici. Da qui il monito verso le grandi aziende, da una parte per porsi il problema del riciclo di tutta la plastica che loro stesse immettono sul mercato, dall’altra per far sì che inizino a pensare a delle alternative alla plastica usa e getta da offrire ai consumatori, poiché “Sebbene la presenza di rifiuti in plastica lungo i litorali italiani sia molto spesso imputabile a uno scorretto comportamento individuale, le multinazionali degli alimenti e delle bevande devono assumersi le proprie responsabilità di fronte ad una contaminazione sempre più grave”.

A fine settembre, precisamente dal 28 al 30, si è svolta poi in tutta Italia l’iniziativa di Legambiente “Puliamo il Mondo”, non solo una grande iniziativa per liberare il nostro territorio dal degrado, ma anche un’occasione per costruire relazioni di comunità che tengano nel tempo, per rafforzare il senso dell’accoglienza, per sfumare il concetto di diversità ormai usato come bandiera d’intolleranza. Con l’obiettivo di ricostruire, non in un giorno ma ogni giorno, il dialogo per un mondo migliore. Tanti piccoli gesti per la tutela e la valorizzazione dei beni comuni, attraverso azioni di cittadinanza attiva, per promuovere la vivibilità e la bellezza dei luoghi, ma anche per offrire un'occasione di integrazione sono stati portati avanti da molte associazioni che hanno aderito alla campagna con modalità differenti, ognuno in base alla propria missione. Nel 2017, 4 mila aree del Paese sono state pulite da oltre 600 mila volontari, quest’anno il successo dell’evento è stato ancora più grande.

“Credo sia arrivato il momento, lavorando insieme, di rendere più omogeneo , secondo alcune linee di indirizzo, il percorso da fare; di migliorare e semplificare il controllo, introducendo un sistema che preveda premialità e penali; di rendere omogenea, nell'ottica della semplificazione, la governance del sistema consorzi, che invece soffre attualmente la propria disomogeneità queste le parole del Ministro dell’Ambiente durante l’inaugurazione degli Stati Generali dei Consorzi dei riciclatori a Roma. L’augurio è, infatti, che si incrementi la raccolta differenziata, ma anche la quantità di rifiuti riciclati, così da incentivare il percorso virtuoso di passaggio ad un modello di economia circolare. Bisogna ora far crescere così la coscienza ambientale e di partecipazione trovando insieme, parlo di cittadini ed amministrazioni, le migliori soluzioni possibili. Progetti che partono da una nuova visione ecologica e riuso dei rifiuti sono in studio in diverse parti del mondo: il progetto israeliano “Homebiogas”, ad esempio, offrirebbe la possibilità di installare compostiere domestiche low cost in maniera tale che, secondo i ricercatori, da un kg di spazzatura si possa ottenere un’ora di cottura ai fornelli. L’elenco dei rifiuti che possono essere trattati tramite la bio-digestione è particolarmente esteso, produrre così energia direttamente in casa grazie ai rifiuti potrebbe diventare presto una realtà consolidata in futuro. Consideriamo, inoltre, che i rifiuti umidi rappresentano circa il 30% dell'immondizia che viene prodotta dalle famiglie. Grazie al lavoro di due siciliani tale tecnologia, in funzione già da diversi anni, potrebbe arrivare anche nel nostro Paese. Di dimensioni contenute (circa 1 metro x 2 metri x 1,5 metri), il mini bio-digestore è composto da un imbuto per l’inserimento della materia organica, un recipiente da 1.200 litri contenente acqua e i microorganismi, un vano espandibile per la raccolta del biogas, una valvola con filtro per l’erogazione del biogas e un rubinetto per il fertilizzante. Semplice ed intuitivo è poi anche il funzionamento del tutto: dopo aver versato la materia organica all’interno dell’unità, i microrganismi iniziano il processo di bio-digestione in modo autonomo, rilasciando il biogas che viene indirizzato alla valvola di distribuzione, il gas prodotto viene poi immagazzinato nel vano a pressione (massimo 700 L al giorno) e tutto l’eccesso viene rilasciato in atmosfera tramite una valvola di sfogo. Molteplici sono poi gli utilizzi poiché il biogas può essere utilizzato sia negli impianti di cogenerazione sia trattato come carburante per veicoli. Considerando, inoltre, la grave emergenza presente ormai da anni in Italia, un progetto di tale portata potrebbe costituire anche un tassello determinante nell’ottica di un cambio di passo tanto atteso sul fronte dei rifiuti: “La fermentazione dei rifiuti solidi organici è una trasformazione dall’economia dei rifiuti che diventerà risorsa economica per la collettività”.

Alberto Azario