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1 febbraio, 2019

Dall’India alle Bahamas, la lotta all’inquinamento assume dimensioni mondiali

Le battaglie contro l’inquinamento, contro i cambiamenti climatici e la plastica nei mari del mondo, assumono fortunatamente sempre più dimensioni globali. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) 14 delle 15 città più inquinate del mondo sono indiane e il “Lancet Planetary Health” dice che questa situazione provoca nel Paese ben 1,24 milioni di morti all’anno. Il governo indiano proprio in questi giorni si appresta finalmente ad approvare a tal riguardo l’atteso “programma nazionale per l’aria pulita” , una strategia che, basandosi sull’approccio collaborativo e partecipativo tra ministeri centrali, governi statali ed enti locali, si pone l’obiettivo nazionale di ridurre del 20-30% la concentrazione di PM2,5 e PM10 rispetto al 2017. Dopo una lunga attesa la versione finale dell’NCAP punta così a ridurre i livelli di inquinamento atmosferico in tutto il Paese affrontando una delle sfide più allarmanti dell’urbanizzazione: oggi, infatti, le città occupano solo il 3% della Terra, ma contribuiscono all’82% del PIL e sono responsabili del 78% delle emissioni di biossido di carbonio. Attualmente in India le concentrazioni di particolato sono  10 volte più del limite massimo fissato dalle linee guida dell’OMS per proteggere la salute umana. Gli indiani che vivono nelle metropoli del subcontinente respirano aria tossica e spesso non lo sanno. Ripulire l’aria, quindi, non rappresenta solo enormi risparmi sui costi sanitari ma ha anche grandi benefici per il patrimonio culturale e la produzione di energia rinnovabile. Previsto sarà anche un aumento delle stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria in tutta l’India, anche quella rurale, un supporto tecnologico e iniziative di sensibilizzazione e formazione con la creazione di agenzie di certificazione e monitoraggio, equa ripartizione dei fondi e specifici interventi settoriali. Insomma l’India si appresta a cambiare grazie a questo importante piano d’azione quinquennale a medio termine che si interfaccerà con il National action plan on climate change (Napcc) e altre iniziative del governo indiano riguardanti i cambiamenti climatici.

Un altro imperativo categorico per l’ambiente è, però, anche quello legato al riciclo della plastica. Da una stima apparsa di recente sulla rivista “Science Advances” a oggi pare siano stati prodotti circa 8300 milioni di tonnellate di materie plastiche vergini, mentre a partire dal 2015 sono stati generati circa 6300 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, di cui appena il 9% circa è stato riciclato, il 12% incenerito e il 79% accumulato nelle discariche o disperso nell’ambiente. Nel nostro Paese questa importante pratica è in aumento, si stima, infatti, che l’Italia arrivi a raccogliere il 50% degli imballaggi entro il 2025. Nel nostro Paese si è così sviluppata nel corso degli anni un’importante industria del riciclo tanto che nell’ultimo decennio i rifiuti in plastica avviati in discarica hanno fatto segnare un -43%, mentre quelli avviati al riciclo hanno registrato un aumento dell’80%. Con la plastica raccolta e reimmessa in produzione, è poi possibile realizzare numerosi oggetti: panchine, imbottiture dei sedili auto, trapunte e tanti altri oggetti. L’Italia si attesta, così, ad essere terza in Europa per percentuali di recupero, posizionandosi tra le prime grandi economie dopo Germania e Spagna. Tra il 2005 ed il 2017, infatti, gli imballaggi avviati al recupero, sono cresciuti in modo esponenziale, con un + 64% portando al Paese un beneficio economico di oltre 2 miliardi di euro per la materia prima non consumata, per la produzione di energia e per il risparmio di emissioni di CO2. Nel resto d’Europa, invece, gli imballaggi in plastica raccolti nel 2016 sono stati 16,7 milioni di tonnellate, più del 60% di tutta quella raccolta. C’è di più: proprio il riciclo, con il 41%, è la prima destinazione, seguita dal recupero energetico (circa il 39%) e la discarica (20%). La modalità di gestione a maggior tasso di crescita in 10 anni è stato proprio il riciclo con un +75%, che aumenterà ancora visti gli obiettivi compresi nel pacchetto europeo sull’economia circolare, il cui target relativo al tasso di riciclo dal 22,5% previsto nel 2008 è stato innalzato al 50% nel 2025 e al 55% al 2030. Sul lungo termine, la strategia dell’UE, è quella di coinvolgere il più possibile le aziende nel realizzare prodotti con materiali nuovi, completamente riutilizzabili e che quindi non generino scarti, o siano molto limitati. In Italia poi il recepimento delle quattro direttive europee dovrebbe comportare anche la modifica dei provvedimenti che ad oggi regolano la materia dei rifiuti e della loro gestione, come il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (cd. “Codice ambientale”, recante norme, tra le altre, in materia di acque, imballaggi e rifiuti), il D.Lgs. 13 gennaio 2003 n. 36 (attuazione direttiva 1999/31/Ce in materia di discariche di rifiuti); oltre che alle norme specifiche in materia di veicoli fuori uso, pile e Raee. A livello europeo, già dal 2014, Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Olanda e Svezia non hanno inviato alcun rifiuto in discarica, ciò a conferma del fatto che è una strada percorribile per tutti gli altri Stati membri. Strada che comporterà minori emissioni, minori impatti su suolo, aria e acque, ed un ritorno positivo in termini di innovazione, minori costi di smaltimento e di depurazione, maggiori livelli occupazionali per le imprese, anche Italiane.

Buone notizie, dunque, per l'ambiente. La strada da fare è ancora molto lunga , ma le ultime iniziative a livello mediatico, istituzionale e volontario fanno ben sperare per un futuro con meno rifiuti possibili. Ne è un ulteriore esempio quello legato all’ex sito industriale delle Bahamas adibito all'estrazione di sabbia in una vera e propria riserva marina. La trasformazione di Ocean Cay MSC Marine Reserve, l'isola delle Bahamas progettata da MSC Crociere per creare una "destinazione sostenibile". Un paradiso naturale, circondato da 64 miglia quadrate di acque protette, che ritorna al suo splendore dopo un intenso lavoro di pulizia dalle tonnellate di rifiuti industriali che ne ingombravano la superficie. Uno dei tanti esempi che ci dicono che cambiare il nostro mondo, con tanta tanta volontà e tantissimo impegno, ancora si può.

Alberto Azario