2805 Alberto Azario Articoli
5 giugno, 2020

Plastica: materia prima per strade e carburanti di domani

Nessun materiale più della plastica ci fa pensare al degrado ambientale, alle isole di rifiuti emerse nel Pacifico e a un male per l’ecosistema.

Ed è tutto vero, soprattutto se visto in ottica di economia lineare, ma per compiere l’auspicata e ormai improrogabile rivoluzione della circolarità, il presupposto è proprio quello di non vedere nel rifiuto uno scarto, bensì una risorsa. Anche e soprattutto la plastica può (anzi deve) avere una nuova vita ed essere impiegata come materia prima seconda.

Uno degli utilizzi che si sta vagliando in Europa in questi anni è quello di impiegare le plastiche riciclate per dare vita a un manto stradale tutto nuovo. In verità questa tecnica è stata messa a punto già vent’anni fa in India, dove per esempio a Chennai, ad oggi, nonostante il clima umido, il traffico, i monsoni e molti altri fattori, le condizioni delle strade costruite con la plastica sono ancora ottime, prive di buche o crepe [1].

Una soluzione di riciclo delle plastiche come questa non solo è a impatto zero, e quindi ecologica (al contrario dell’asfalto per il quale si producono 27 chilogrammi di CO2 ogni tonnellata), ma anche più performante nei risultati, rendendo le strade più resistenti sia alle basse sia alle alte temperature e facendo sì che il manto si deteriori con una difficoltà tre volte maggiore rispetto all’asfalto tradizionale. Per restare in India ben 33 mila km di strade sono costruite con questa colla polimerica ricavata dai rifiuti plastici, ma negli ultimi anni anche l’Europa si è interessata alla sostituzione del bitume con il materiale riciclato per la costruzione delle arterie stradali.

In Scozia i primi tentativi provengono dalla startup MacRebur dell’ingegnere Toby McCartney, il quale ha provato questa nuova pavimentazione a base plastica in un sobborgo londinese, con risultati tali da spingere l’amministrazione della City a estendere il tratto ad altre zone. Da quel momento il metodo è sbarcato un po’ ovunque, anche oltre oceano, in paesi quali l’Australia e gli Stati Uniti, ma in particolare ha incuriosito il Vecchio Continente che, in ottica di green economy, ha fatto tesoro di questa innovazione. Nel 2017, infatti, la società kws facente parte del gruppo VolketWessel, ha messo a punto un tratto di pista ciclabile di 30 metri composto da moduli prefabbricati, cavi all’interno, che incastrandosi tra loro costituiscono la superficie stradale.

È importante sottolineare che questi moduli sono vuoti all’interno, in quanto questo facilita il passaggio di tubazioni al di sotto del manto stradale, di spazi di stoccaggio temporaneo per l’acqua proveniente da eventuali forti precipitazioni o anche l’istallazione di cavi per la predisposizione delle stazioni di ricarica dei veicoli elettrici. Altra nota positiva è la facilitazione di sovrapporre la segnaletica stradale sul manto plastico, in quanto risulterebbe più visibile e questa maggiore visibilità sarebbe a sua volta garanzia di una maggiore sicurezza per automobilisti e pedoni [2].

In Italia anche abbiamo alcuni casi di strade costruite con il manto plastico. In particolare a Roma, sulla via Ardeatina, si è provato un materiale brevettato in Italia e prodotto da Iterchimica, Directa Plus, G. Eco e l’Università di Milano Bicocca, che abbina la plastica riciclata al grafene, dando vita a una tecnologia che oltre ai vantaggi già illustrati sarebbe anche antismog e antighiaccio. Senza contare che la possibilità di riusare al 100% i materiali già presenti sulla strada costruita con questo materiale (chiamato Gipave) ridurrebbe di molto l’estrazione di nuove materie prime e l’uso di bitume di primo utilizzo. Questo tipo di pavimentazione è stato sperimentato anche a Fiumicino per realizzare la prima pista di atterraggio al mondo con questa tecnologia, ennesima conferma degli ottimi risultati che si erano già ottenuti sui tratti prettamente stradali [3].

Un’altra destinazione interessante degli scarti plastici è quella che nasce dal processo della pirolisi attraverso il quale si riesce a trasformare la plastica non riciclabile in energia. In particolare si riesce a produrre un tipo di combustibile chiamato “plastic to fuel”. È ciò che emerge dal Terzo Rapporto Federmanager-Aiee, dal titolo Transizione verde e sviluppo. Può l’economia circolare contribuire al rilancio del sistema Italia?', presentato a Roma lo scorso 18 febbraio, nel quale sono state presentate le stime di quanto carburante si possa ricavare da una tonnellata di plastica, ossia 800 litri di plastic to fuel che costano meno di un terzo di quanto costa la stessa quantità di greggio.

“Il settore dell’economia circolare”, dice Mario Cardoni, direttore generale di Federmanager[4], “è tutto da costruire, ed è fondamentale per l’Italia saper guadagnare posizioni di leadership grazie a un mix di investimenti e stimoli fiscali guidati da una visione strategica di lungo termine che non può fare a meno di un’intensa attività di ricerca e di competenze appropriate”. Sono in accordo con queste parole che indicano una via comune che chi opera nei settori atti a sviluppare politiche circolari non può non condividere. È necessario che l’Italia capisca che una parte delle risorse che arriveranno in seguito al Green Deal europeo debbano essere impiegate nei settori di ricerca e sviluppo delle innovazioni, e nel caso specifico di Greenthesis nell’investimento per l’apertura di nuovi impianti e più in generale per la messa a punto di soluzioni innovative volte a favorire concretamente l’economia circolare.

Non è possibile “chiudere il cerchio” della green economy se non si giunge all’era dell’end of waste, ossia della “fine dello scarto”, non più tale, ma in grado di diventare materia prima seconda e mattoncino di base con cui produrre i materiali del futuro. È quindi necessario investire in innovazione, rivoluzionare la propria mentalità imprenditoriale, favorendo lo sviluppo di soluzioni che si prefiggano pragmaticamente l’ottimizzazione dei processi dal punto di vista energetico e di consumo di materie prime anche seconde con riduzione delle emissioni nocive. Non ultimo, è necessario assolutamente che la normativa venga aggiornata per permettere il riutilizzo delle materie prime seconde attraverso un costante adeguamento della normativa end of waste, per allargare sempre più le applicazioni, nel rispetto della sicurezza.

Alberto Azario


[1] https://motori.virgilio.it/curiosita/addio-asfalto-futuro-strade-plastificate/138860/

[2] https://www.repubblica.it/motori/sezioni/ambiente/2020/02/21/news/addio_buche_la_strada_e_di_plastica-249166242/

[3] Ibidem.

[4] https://www.adnkronos.com/soldi/economia/2020/02/18/federmanager-aiee-trasformare-plastica-non-riciclabile-energia_AzAMSAgMLwpg1iuBgWWMAM.html?refresh_ce